Alberto Oliverio

L'arte di imparare. A scuola e dopo.

Rizzoli, Milano 1999

Leggi l'introduzione:

 

All'inizio del Novecento la maggior parte dei bambini frequentava la scuola sino alla terza elementare, un numero più esiguo sino alla quinta mentre una minoranza proseguiva gli studi liceali e poteva iscriversi all'università. Un bambino che nasce oggi deve invece frequentare la scuola sino ai 15 anni mentre un gran numero di ragazzi studia sino alla maggiore età e intraprende studi universitari. Ma la vera trasformazione non riguarda tanto o soltanto l'apprendimento dei bambini e ragazzi quanto quello degli adulti; un tempo, e nemmeno tanto tempo fa, insegnanti, tecnici, professionisti, impiegati, imparavano negli anni della loro formazione un insieme di nozioni che duravano, e spesso servivano, per tutta una vita in quanto i ritmi del cambiamento erano molto più lenti: oggi, invece, la realtà si trasforma velocemente ed è necessario acquisire nuove competenze, cambiare ottica, cambiare i propri punti di riferimento. Questo mutamento investe sia gli aspetti più banali della nostra vita di lavoro, sia quelli meno comuni. Ad esempio, un tempo, una stessa tecnologia, poniamo la macchina da scrivere, poteva essere utilizzata da diverse generazioni mentre oggi il ricambio tecnologico è molto più rapido: i computer, che hanno soppiantato le vecchie macchine da scrivere, vanno incontro a continue trasformazioni, i loro programmi hanno una breve vita, evolvono, si moltiplicano, e richiedono che chi li utilizza si tenga al corrente dei nuovi aggiornamenti.

La nostra vita è fatta di continui apprendimenti, piccoli o grandi che siano: pensate, sempre per fare un esempio, alla necessità di imparare a guidare l'automobile, padroneggiare una o più lingue straniere, saper leggere l'estratto-conto della banca, conoscere numerose piccole tecnologie. Oppure pensate ai tanti aggiornamenti che riguardano il vostro lavoro, ai corsi che avete seguito, ai seminari che avete ascoltato, ai rapporti e libri che avete dovuto leggere. Dove avete imparato queste competenze, semplici o complesse che siano? A scuola, leggendo il giornale, vedendole praticare da altri, seguendo corsi di formazione, attraverso brevi stage, grazie all'aiuto di un esperto? In alcuni casi ignoriamo la risposta; non ricordiamo, salvo alcuni casi specifici, quando abbiamo imparato, come abbiamo acquisito quella competenza, chi ci ha insegnato: anche perché non è facile circoscrivere una singola esperienza, separare una specifica abilità da un'altra che le rassomiglia. Ad esempio, l'aver appreso a camminare e a mantenere l'equilibrio c'è stato utile, anche se indirettamente, per andare sui pattini o in bicicletta e quest'ultima abilità per condurre il motorino: ma alcune esperienze sul motorino le abbiamo trasferite alla nostra capacità di guidare l'automobile, al motoscafo e via dicendo. Alcuni apprendimenti, insomma, per quanto specifici, si sono rivelati utili in altre situazioni, li abbiamo generalizzati: e in molti casi il fare un'esperienza ci ha facilitato in quella successiva, non perché ne abbiamo utilizzato alcuni aspetti particolari ma in quanto ha trasformato la nostra capacità di fare altre esperienze. In altre parole, abbiamo in qualche modo imparato a imparare, a orientarci in un nuovo settore, a individuare le informazioni essenziali, ad acquisirle nel modo migliore.

Con le dovute semplificazioni, potremmo affermare che mentre in una società statica, quella del buon tempo antico, l'importante era imparare e poi utilizzare quanto appreso nel corso della propria vita, in una società in continua trasformazione l'importante è imparare a imparare, conoscere un metodo che ci serva per rinnovare le nostre esperienze, adeguarle alle novità, trasformarle nel corso di una vita sempre più lunga. Anche quest'ultimo fatto costituisce un'innovazione abbastanza recente in termini di storia del genere umano: gli anni di vita si allungano progressivamente, apprendimento ed esperienze non sono circoscritti a pochi anni di scuola ma a una lunga fase preparatoria -infanzia, adolescenza, gioventù- che dovrebbe consentirci di saperci destreggiare negli anni della maturità e della vecchiaia, quelli in cui, contrariamente al passato, dovremo continuare ad apprendere. Non che in passato adulti o anziani non facessero o maturassero nuove esperienze: ma esse non implicavano quel continuo adeguamento e ricambio di apprendimenti e competenze, quella ristrutturazione del modo di guardare a una realtà che sono una necessità per stare al passo con un mondo che si trasforma velocemente. Un tempo un vecchio poteva mettere a disposizione degli altri la sua saggezza in quanto trasmetteva loro le proprie memorie ed esperienze: la sua stessa longevità era un esempio di assennatezza in quanto aveva dovuto destreggiarsi attraverso le peripezie della vita. Oggi, invece, siamo più colpiti dal fatto che un anziano si mantiene giovane non tanto per la sua efficienza fisica, quanto per la sua capacità di sapersi adeguare ai cambiamenti e di saper ristrutturare le proprie esperienze.

Il modo in cui guardiamo al significato dell'apprendimento e dell'esperienza è quindi molto più dinamico, improntato ai concetti di trasformazione e cambiamento. Restare giovani, mantenere la capacità di interessarsi, comprendere novità e innovazioni significa sapersi adeguare. Il problema è che mentre siamo sottoposti a un continuo bombardamento di esperienze, mentre sono tanti gli apprendimenti che dobbiamo fare e gli insegnamenti che ci sono impartiti nell'arco della nostra vita, nessuno ci insegna a imparare a imparare: siamo noi che dobbiamo trovare la giusta strada, spesso a fatica. La scuola, ad esempio, ci trasmette numerose nozioni, cerca di sviluppare la nostra capacità di analisi e comprensione, ma difficilmente ci insegna come imparare: siccome, bene o male, impariamo, si presume che noi possediamo istintivamente una strategia più "generale", il sapere imparare, che va invece compresa e sviluppata. La scienza cognitiva, una disciplina recente che studia l'insieme delle nostre strategie mentali -attenzione, percezione, memoria e apprendimento- indica che imparare a imparare non fa parte del bagaglio di abilità con cui nasciamo e che questa capacità deve essere acquisita: mentre la cognizione (vale a dire il fare esperienze e l'apprendere) è un'abilità che fa parte del nostro bagaglio mentale, le abilità "metacognitive" (la consapevolezza e la conoscenza che noi abbiamo della mente, del suo modo di lavorare) devono essere costruite. Sviluppare la metacognizione è un passo essenziale per imparare a imparare, per saper pensare: le conoscenze metacognitive non rappresentano, infatti, soltanto un ampliamento dei nostri orizzonti culturali, non sono soltanto utili per farci comprendere come percepiamo la realtà, la ricordiamo e facciamo uso delle esperienze ma hanno anche aspetti applicativi, "di servizio". La metacognizione ci permette, infatti, di controllare e dirigere lo svolgimento di tutti i processi mentali, di esercitare una forma di autogoverno della mente.

"Metacognizione" è un termine insolito per i non addetti ai lavori ma per spiegare il suo significato possiamo utilizzare una metafora: le conoscenze sulla mente stanno all'efficienza con cui l'usiamo come le conoscenze su una particolare dieta stanno all'uso che ne facciamo, al suo successo. E' possibile seguire una particolare dieta se non abbiamo alcuna conoscenza sui tipi di cibi, sul loro valore calorico sui meccanismi dell'alimentazione? In modo simile, uno sportivo che si alleni in palestra per migliorare la sua forma fisica e le sue capacità muscolari, può prescindere da qualche nozione di fisiologia umana, di dietetica, di conoscenze sui muscoli e sul loro funzionamento? La risposta, ovviamente, è che lo sportivo, o il suo allenatore, deve possedere alcune nozioni di base sul fisico umano per migliorarne le prestazioni, anzi, è ancor meglio se sa controllare le proprie reazioni, emozioni e via dicendo: quanto più sappiamo sul nostro fisico, tanto meglio possiamo allenarci. Allo stesso modo, le conoscenze sull'apprendimento possono migliorare il nostro modo di imparare, malgrado coltiviamo un forte pregiudizio, quello secondo cui l'apprendimento dipenderebbe esclusivamente dalla volontà e dall'applicazione e non da opportune strategie. Siccome in qualche modo impariamo "spontaneamente", non riteniamo che sia necessario imparare ad imparare, sviluppare strategie che ci consentano di raggiungere migliori prestazioni cognitive.

Metacognizione è quindi un termine che rimanda alla consapevolezza e alla conoscenza che noi abbiamo della mente, del suo modo di lavorare, di andare incontro ad alcuni problemi e così via: il conoscere e il riflettere su come pensiamo si traduce in un miglioramento delle attività cognitive, vale a dire di quei processi mentali che sono implicati nell'apprendimento. Conoscere come funzioni la nostra mente e quali siano i meccanismi dell'apprendimento costituisce un primo, essenziale passo per imparare meglio e imparare a imparare. Un secondo passo è invece quello di mettere in pratica alcuni semplici principi che sono importanti per prestare attenzione, comprendere il significato di un'esperienza, organizzarla e rielaborarla in modo razionale, cosicché un apprendimento non sia limitato a un ambito particolare, come spesso accade per tante nozioni apprese a scuola, ma abbia un significato più generale, sia una specie di mattone che può essere utilizzato per costruire qualsiasi tipo di edificio.

Questo libro si propone di insegnarci a fare un uso migliore delle nostre attività cognitive, vale a dire a saper pensare: si rivolge ai genitori che desiderino aiutare i propri figli, agli insegnanti, agli studenti e a tutti quegli adulti che oggi e in futuro dovranno rinnovare la propria formazione. Non ci sono quindi barriere di età: ogni lettore troverà un aspetto che lo riguarda e potrà inoltrarsi in un settore molto variegato che spazia dalla psicologia alle neuroscienze, dalla pedagogia alle teorie dell'informazione. Questo settore è già da anni sviluppato in altri paesi sia dal punto di vista della ricerca di base, sia nell'ambito delle sue applicazioni concrete: soprattutto nel mondo anglosassone, di tradizione empirica, gli "Study aids", sussidiari per imparare, sono un genere di libri che si rivolgono agli studenti delle scuole superiori e dell'università. Nel nostro paese questo campo sta invece muovendo i primi passi ed è prevalentemente circoscritto agli ambienti accademici. Per questo motivo, il linguaggio di questo libro è semplice, gli esempi sono molto concreti, abbondano le indicazioni pratiche: ho cercato di tradurre per il lettore non esperto ciò che so sulla mente e ciò che, in anni di insegnamento, conosco sulle capacità e problemi cognitivi dei miei studenti.

Ecco, in breve, il percorso che verrà seguito dal capitolo 1 al 10:

 

1. Cosa significa fare esperienze, ristrutturare i propri apprendimenti, cambiare punti di vista nel corso degli anni.

2. La motivazione ad imparare e i motivi per cui l'entusiasmo che caratterizza un bambino di fronte alle novità può trasformarsi gradualmente in resistenze e blocchi dell'apprendimento.

3. I diversi modi in cui si impara, ad esempio per associazioni (procedendo passo dopo passo) oppure per insiemi, cioè attraverso un approccio globale e il ricorso a diversi punti di vista.

4. Quali sono i modi attraverso cui il bambino scopre il mondo e, man mano, generalizza le singole esperienze fino a possedere i requisiti per imparare a imparare.

5. Conoscere le trappole in cui può cadere il nostro pensiero è importante per imparare a comunicare e imparare a imparare, ovverosia per andare oltre gli aspetti più evidenti, ma non necessariamente rilevanti, di un messaggio o di un'esperienza.

6. Come lavora la mente, ad iniziare dal fatto che sensazioni e informazioni vengono assemblate e trasformate in messaggi significativi.

7. Ognuno di noi ha un suo stile di pensiero, anzi un insieme di strategie a seconda delle situazioni: stili e strategie possono essere potenziati per facilitare apprendimenti e valorizzare esperienze.

8. Anche chi insegna deve tenere conto delle diversità individuali e non farsi influenzare da posizioni preconcette: è importante capire come pensano gli altri, perché fanno alcuni errori o risolvono un problema in modo insolito. Comprendere perché è come si sbaglia è al centro dell'apprendimento.

9. Attraverso alcuni esempi ed esercizi concreti viene indicato come imparare meglio, leggere in modo più efficace, ricordare di più, utilizzare le proprie capacità.

10. L'apprendimento non è soltanto un fatto individuale ma riguarda anche i gruppi, le organizzazioni: in un mondo che cambia rapidamente bisogna sviluppare strategie plastiche per modificare i propri schemi mentali e adattarsi a novità e trasformazioni.

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