Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio
Più forti delle avversità Bollati Boringhieri, 2014
C’è una caratteristica che accomuna il delicato assetto dell’essere
umano ai materiali studiati in ingegneria: l’uno e gli altri sono in
grado di resistere a sollecitazioni traumatiche, deformanti ed
estreme, riacquistando la propria forma. Questa capacità si chiama
«resilienza». Mutuata dal dominio lontanissimo della scienza dei
materiali, la nozione ha aperto una nuova frontiera di ricerca in
psicologia clinica, disciplina troppo a lungo concentrata solo sugli
effetti dissestanti di lutti, maltrattamenti, stress prolungati,
malattie, carenze affettive. Al dissesto psichico indotto da
esperienze dolorose si può reagire se si attivano e si potenziano i
fattori di protezione, di compenso e di recupero di cui ciascuno in
qualche misura dispone. Anna Oliverio Ferraris e Alberto Oliverio
esplorano con gli strumenti della psicodinamica e delle neuroscienze
le tipologie di resilienza che soccorrono nelle diverse stagioni
della vita, dalla prima infanzia alla terza età, i rapporti tra
comportamenti resilienti e funzioni cerebrali, e gli ambiti –
individuale, familiare, scolastico e lavorativo – dove è cruciale
saper recuperare l’equilibrio dopo aver vacillato. Nel modo di
affrontare le avversità intervengono componenti genetiche,
disposizioni temperamentali e relazioni precoci con figure di
attaccamento, ma altrettanto decisive si rivelano un’attitudine
proattiva e un’atmosfera responsiva e supportante da parte della
collettività. Sia spontanea o assistita, riguardi singoli, gruppi o
intere aziende, la resilienza non si riduce mai a pura reazione di
difesa. È, innanzi tutto, strategia di reinvenzione orientata al
futuro.